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La riforma del Condominio. Dal 18 giugno obbligatorio un fondo comune per le spese straordinarie.
Condominio, i lavori si pagano in anticipo
Caloriferi e animali tra i punti controversi. Gli addetti: rischio caos
Il rifacimento di tetti e facciate è una boccata d’ossigeno per le imprese edili: dal 2006 a oggi il giro d’affari delle costruzioni è sceso di 50 miliardi di euro ma la ristrutturazione ha avuto nel tempo un lento ma costante aumento, limitando i danni sui fatturati e sull’occupazione. A meno di un mese dall’entrata in vigore della riforma del condominio, prevista per il 18 giugno, una preoccupazione si sta facendo strada tra gli operatori del settore: il rischio che le nuove norme di fatto portino al blocco dell’attività di manutenzione degli stabili. Tutto nasce dal fatto che la riforma modifica tra l’altro l’articolo 1135 del codice civile, prevedendo per le opere di manutenzione straordinaria l’obbligo di costituzione di un fondo di importo pari all’ammontare dei lavori. «La norma – dice il presidente dell’Anaci, l’Associazione nazionale degli amministratori immobiliari Pietro Membri – era stata voluta proprio dai costruttori per tutelarsi dai mancati pagamenti ma oggi appare pressoché impossibile da attuare se la si interpreta in maniera letterale: in condominio si fa fatica ad accantonare i soldi per il Tfr delle custodi, è ben difficile pensare che un’assemblea decida di pagare in anticipo decine di migliaia di euro».
Una soluzione potrebbe essere il ricorso alla fideiussione o al prefinanziamento bancario, che comunque comportano costi aggiuntivi, sicuramente poco graditi.
Questo è solo uno dei punti controversi di una riforma che, avendo attraversato più legislature per giungere a compimento, ha dovuto raggiungere un difficile equilibrio tra diverse posizioni e che avrà bisogno di un tagliando dopo il primo rodaggio, mentre al momento appare improbabile che si possano applicare modifiche parlamentari prima dell’entrata in vigore.
Un aspetto che ad esempio la nuova legge non sempre chiarisce è la distinzione di ruolo tra i compiti dell’amministratore e quelli dell’assemblea, anche perché, sottolinea il presidente di Confedilizia Corrado Sforza Fogliani, «si tratta di una riforma pigra che non ha voluto attribuire al condominio un’autonoma capacità giuridica come si è fatto all’estero».
Uno dei compromessi in Parlamento ha riguardato le modalità di nomina dell’amministratore. «Quando la legge era in discussione – dice sforza Fogliani – c’erano i fautori dell’incarico di durata annuale e quelli che propendevano per i due anni. Il punto di incontro è stato trovato nell’incarico di un anno tacitamente rinnovato per un secondo». Non è però del tutto chiaro né che cosa succede al termine del secondo anno anche se l’interpretazione prevalente è che non ci sarà un altro rinnovo automatico né come farà l’amministratore a specificare all’accettazione del suo incarico le varie voci in cui si articolerà il suo compenso.
Altro aspetto delicato messo in luce dal presidente di Confedilizia è quello delle sanzioni per chi viola il regolamento: non è chiaro se potrà decidere l’amministratore o l’assemblea. Poco importa con le norme attuali perché la multa massima è di 100 lire… Con la riforma si passa a 200 euro che in caso di recidiva diventano 800.
Un’altra norma cui si è dato un ampio risalto ma che potrebbe risultare inapplicabile è la facoltà di distacco del singolo dall’impianto centrale di riscaldamento: sarà sì possibile ma dimostrando (e non si sa bene né chi lo dovrebbe fare né come) che gli altri condòmini non subiscono un aggravio. Il rischio è quello di una guerra di perizie e controperizie. «Va però sottolineato – riprende Membri – che con la maggiore diffusione della contabilizzazione del calore che porta a una suddivisione delle spese almeno in parte proporzionale ai consumi il problema potrebbe risultare minore di quanto appare».
Infine, una norma di cui hanno ampiamente parlato i media dopo l’approvazione della riforma lo scorso autunno e salutata con favore dagli amanti di cani e gatti: l’impossibilità per il regolamento condominiale di vietare gli animali domestici. Ma di quale regolamento si parla? «Se si tratta di un regolamento contrattuale precedente all’entrata in vigore della legge – dice Sforza Fogliani – il divieto di divieto non appare applicabile». Il regolamento contrattuale è quello stabilito a suo tempo dal costruttore o approvato successivamente dall’assemblea ma con mille millesimi e trascritto. Il guaio è che gli animali domestici sono da sempre uno dei più frequenti motivi di lite in condominio, la nuova norma anziché fare chiarezza rischia di acuire i contrasti tra vicini di casa e appare scontato che la sua interpretazione definitiva su come applicarla sarà affidata a qualche aula di tribunale se non della Cassazione.
(da www.corriere.it)