Se c'è una cosa di cui l'essere umano è fortemente
dipendente, sono proprio i problemi. Chi più, chi meno, tutti fin dalla
più tenera età, ce li poniamo.
Certo all'inizio sono molto legati ai bisogni necessari alla vita: fame
sete, caldo, freddo, benessere, piacere, ecc. Poi i problemi si complicano
e si fanno più sofisticati. Le categorie dei problemi procedono da quelli
più elementari, legati alla sopravvivenza di sè e della specie, a quelli
legati ai bisogni meno vitali, ma che diventano improvvisamente importanti
quando i primi sono garantiti. Una bella cravatta o un'elegante carta da
lettere intestata sono oggetto di desiderio ed interesse se abbiamo la
pancia piena, siamo in buona salute, abbiamo un tetto sulla testa.
Dunque:
1 I problemi sono legati ai bisogni
2 Esiste una gerarchia di bisogni
3 L'uomo ha sempre dei bisogni
é stato Maslow (Maslow, Verso la Psicologia dell'essere, ed. Astrolabio)
che per primo ha descritto una gerarchia dei bisogni umani: man mano che
l'uomo soddisfa ognuno di questi bisogni, si fa vivo un bisogno di ordine
superiore e relativi problemi. Il raggiungimento della soddisfazione è il
raggiungimento dell'obiettivo, ed è ciò che motiva l'uomo.
é proprio la motivazione la prima spinta di ogni azione.
Ogni individuo desidera soddisfare i bisogni fondamentali illustrati dalla
nota Piramide che prende il nome dal suo ideatore, Maslow appunto. I
bisogni sono suddivisi in cinque categorie e, come già spiegato, sono
gerarchici: perché nasca il desiderio di soddisfare quelli della categoria
successiva, è necessario che quelli della categoria precedente siano già
stati soddisfatti.
Alla base della piramide si trovano i bisogni fisiologici/organici, come
il mangiare, bere, dormire, coprirsi...
Della seconda categoria fanno parte i bisogni relativi alla sicurezza (safety)
quali il bisogno di un rifugio, di tranquillità e di pace...
Nella terza categoria troviamo i bisogni relativi all'appartenenza (belonginess)
di cui fanno parte il desiderio di avere amicizie, di far parte di un
gruppo, di amare ed essere amati...
Nella quarta quelli relativi alla stima di sé (esteem) quali il bisogno di
avere un'immagine positiva di sé stessi ed in generale di apprezzarsi e di
essere apprezzati dagli altri.
Nella quinta e ultima categoria troviamo i bisogni relativi alla
realizzazione di sé stessi (self actualization) tra cui rientrano desideri
quali l'aspirazione a mettere in opera le proprie capacità, esprimere la
propria creatività, oltrepassare i propri limiti.
Secondo Maslow, quindi, una persona può evolvere se i suoi bisogni primari
sono stati soddisfatti: se non lo sono, la persona non potrà essere sana
né fisicamente, né mentalmente. Come già detto, una volta che le necessità
elementari siano state soddisfatte la persona tenderà naturalmente a
spostare la sua attenzione verso aspetti meno materiali e più elevati,
provando nuovi bisogni.
Ovviamente alcuni bisogni sono più urgenti di altri: quelli biologici sono
i più pressanti, ma è anche vero che se non sono soddisfatte le premesse
di una categoria non biologica, l'accesso a quella successiva diventa
quasi impossibile. Per esempio, una persona che ha una bassa stima di sé
difficilmente riuscirà a realizzarsi, perché con ogni probabilità avrà
troppi problemi in quell'aspetto della propria vita per riuscire anche
solo a desiderare davvero di migliorare e svilupparsi.
Ci si trova in uno stato di benessere quando si può soddisfare
regolarmente i propri bisogni. é fondamentale quel bisogno che se non
soddisfatto condiziona la sopravvivenza della persona; è innato quello che
nasce con l'uomo e che anche se non sollecitato si manifesterà comunque a
partire dai primi anni di vita e si ritroverà in ogni persona
indipendentemente dal luogo o dall'epoca; è invece acquisito il bisogno
che nasce da un'abitudine ed è dunque frutto dell'esperienza. Ci sarebbe
anche un'altra categoria, quella dei bisogni indotti, come quelli
condizionati dalla pubblicità, ma per semplicità li facciamo rientrare
nella categoria precedente.
Secondo Maslow i bisogni di natura superiore sono fondamentali quanto
quelli primari, anche se non sono vitali. Ciascuno di noi può raccogliere
la sfida del proprio sviluppo, oppure rifiutarla. In questa visione,
dietro ogni riuscita si trova una forte motivazione che ha prima ispirato
e poi alimentato uno sforzo.
Per concludere sulle teorie di Maslow, diciamo che l'Autore distingue due
variabili del comportamento: le determinanti (come le chiama lui) interne,
personali, e quelle esterne, ambientali; in pratica spinte interne o
esterne. L'uomo si troverebbe dunque in un costante stato di motivazione,
e quando un bisogno è soddisfatto, immediatamente ne insorge un altro. Ma
poiché i bisogni sono organizzati in modo gerarchico dallo stesso
organismo, essi hanno un'importanza relativa. In particolare le
aspirazioni più elevate dell'uomo non derivano da un bisogno legato alla
mancanza di qualcosa di esterno all'organismo, ma da un bisogno di
crescita interiore: è questa la fonte della motivazione intrinseca,
interna, personale, e del desiderio di self - actualization.
Certo, tale logica ferrea è stata criticata, ma Maslow, che sapeva di non
essere perfetto, ha accettato aggiustamenti alle sue idee (ad esempio
ammetteva che magari non abbiamo da mangiare, ma teniamo moltissimo alla
stima degli altri). Rimane pur vero che se una persona è su un certo
gradino della scala dei bisogni, sarà il raggiungimento di quell'obiettivo
(soddisfare quel bisogno) che la spingerà all'azione, non altro.
In fin dei conti, se si vuole motivare qualcuno, è importante cercare di
capire qual è il bisogno che lo spinge all'azione, altrimenti si rischia
di utilizzare risorse che su di lui non avranno influenza. Se siamo in
azienda e vogliamo motivare un nostro collaboratore, cerchiamo di
identificare il suo bisogno; se questo è ad esempio il riconoscimento e la
stima, probabilmente l'incentivo economico non influirà su di lui.
Maslow ci ha portati apparentemente lontani, andando a toccare argomenti
come la motivazione, che abbiamo già trattato precedentemente su queste
pagine, anche se in altri termini. Del resto abbiamo introdotto che
l'essere umano è problema - dipendente, così che siamo inevitabilmente
portati a vedere ostacoli da superare ed obiettivi da raggiungere un po'
dappertutto.
Proviamo a tradurre la classificazione dei bisogni in tipologie di
problemi. Al primo stadio le risorse necessarie per risolvere i problemi
legati alla sopravvivenza sono essenzialmente di forza (fisica, economica,
intellettiva) e di abilità. Questo vale sia per il cacciatore aborigeno
che per la massaia nostrana: entrambi devono possedere mezzi e risorse
fisiche per ottenere quello che vogliono. Non sono richieste competenze
comunicative, abilità intellettive, cultura superiore; risorse al
contrario indispensabili quando si sale nella gerarchia dei problemi.
Quando suonano alla porta del mio studio so che mi portano un problema,
del resto il mio lavoro può essere inteso come quello del problem solver.
Spesso le persone non riportano veri problemi, o se me ne presentano uno
lo fanno a pezzetti, lasciando ben intuire che non sanno neppure porseli
(con la difficoltà che un problema non posto non si può risolvere). La
domanda che per me è ormai un rito consolidato, quando qualche cliente mi
chiede una consulenza, è: "qual è il problema?". La maggior parte delle
volte mi sento rispondere con un elenco più o meno lungo di cose che non
vanno. Tecnicamente la descrizione di quello che non va è una lamentela,
che chiameremo descrizione dello stato attuale (S.A.). Altre volte mi
rispondono elencandomi tutte le cose che ci vorrebbero perché andasse
meglio: la macchina nuova, più soldi, un altro lavoro, la segretaria
ideale. La descrizione di quello che si desidera perché le cose vadano
meglio è un sogno, o se non è campato totalmente per aria lo si può
chiamare stato desiderato (S.D.).
Il problema è ben formulato - tecnicamente esiste - quando sono descritti
chiaramente: lo stato attuale (S.A.), lo stato desiderato (S.D.) e la
soluzione (S.) che permette il passaggio dal primo stato al secondo.
Il tutto deve avere un rapporto di congruenza, che significa che tra
quello che non ho (S.A.) e quello che vorrei (S.D.) deve esserci una
distanza percorribile. Se, ad esempio, guadagno 2 milioni al mese (S.A.) e
desidero guadagnare 20 milioni al mese (S.D.), faccio un sogno, non ho un
vero problema.
Perché si possa individuare una buona soluzione serve un'altrettanto buona
descrizione dello stato desiderato. Questo deve essere: a) abbastanza
vicino allo stato attuale per essere raggiungibile, e abbastanza lontano
per essere appetibile; b) formulato in termini positivi, concreti e
verificabili. Non è possibile infatti raggiungere un obiettivo formulato
in termini negativi; che non c'è.
Esempio: "voglio smettere di fumare" non è un obiettivo, perché il
raggiungimento dello scopo è non fare qualcosa; e come posso fare una cosa
che non va fatta? Funziona di più dirsi "voglio respirare sempre aria
pura", o qualcosa che comunque descriva cosa fare e non cosa non fare.
La soluzione è ciò che permette allo S.A. di trasformarsi in S.D. Qualora
lo S.D. sia molto lontano dallo S.A., si scompone lo stato desiderato in
obiettivi intermedi, così che ogni S.D. costituisce lo S.A. del livello
inferiore. Chiariamo con un esempio:
- S.A.: guadagno £. 1.500.000
al mese
- S.D.: ne voglio guadagnare
£. 10.000.000 al mese
Abbiamo detto che tra i due stati non c'è un rapporto di congruenza; in
pratica il divario è eccessivo perché possa essere realizzabile. Tuttavia
è possibile prevedere una serie di passaggi congruenti che ci consentono
di arrivare allo scopo. Per esempio un primo S.D. in cui si prevede di
guadagnare £. 300.000 mensili in più, che so dando qualche lezione di
inglese (questa è la soluzione). Il nuovo guadagno di £. 1.800.000 è lo
S.D. del livello precedente, ma anche lo S.A. del livello successivo. E
così via fino al raggiungimento dei £. 10.000.000.
Lo schema è riportato qui sotto.
Qualche Autore (R. Bandler, J. Grinder, Programmazione Neurolinguistica,
ed. Astrolabio) ha creduto di identificare nella naturale propensione
umana per i problemi e l'incontrollabile tendenza alle loro soluzioni,
l'Unità Psicocibernetica, una sorte di modello primario che sta alla base
di qualsiasi agire umano.
Pensiamo di voler appendere un quadro ad una parete:
1. Il quadro non è appeso (TEST)
2. Prendo chiodi e martello
(OPERATING)
3. Il quadro non è ancora appeso
(TEST)
4. Pianto il chiodo (OPERATING)
5. Il chiodo è ben saldo alla parete
(TEST)
6. Il quadro è appeso (EXIT)
T.O.T.E. (Test - Operating - Test - Exit) è considerata l'Unità
Psicocibernetica, che come già detto può essere considerato il modello che
è alla base di ogni comportamento.
Si narra che un ricco sceicco arabo lasciò in eredità ai suoi quattro
figli maschi 39 cammelli, con la clausola di doverseli dividere secondo le
sue volontà, pena la perdita di tutto. Metà dovevano andare al
primogenito, un quarto al secondogenito, un ottavo la terzo figlio, ed un
decimo dei cammelli all'ultimo, curando con ogni attenzione la salute
degli animali che non potevano essere venduti o uccisi. I figli andarono
nel deserto a discutere, ma non fecero che litigare perché non sapevano
come fare per rispettare le volontà del padre. Erano in un momento critico
della discussione, quando in lontananza videro arrivare un saggio errante
a dorso di cammello. Si avvicinò ai fratelli, alla loro richiesta di aiuto
si fece spiegare il problema e così rispose: "Ai vostri 39 cammelli
aggiungo il mio e fanno 40; al primo di voi va la metà: 20 cammelli; al
secondo un quarto: 10 cammelli; al terzo un ottavo: 5 cammelli; all'ultimo
un decimo: 4 cammelli. 20+10+5+4 fanno 39 cammelli. é rimasto il mio che
se permettete mi riprendo". E se ne andò.
Il problem solver è colui che, dopo aver ascoltato, sa cogliere la "X"
mancante, la variabile che permette di risolvere il problema, ed
utilizzarla per aiutare gli altri. Già risolvere i problemi forse in fondo
vuol proprio dire essere d'aiuto; agli altri e a sé stessi. |