Enzo Spaltro – Apprendimento e Formazione

da Formazione & Cambiamento 

FORMAZIONE E CAMBIAMENTO N.73 SETTEMBRE – OTTOBRE 2012
 
A cura di Antonietta Cacciani

Lei è stato uno dei soci fondatori dell’ Associazione Italiana Formatori nel 1975, ed oggi vorremmo conoscere la sua visione dell’AIF nel 2012.

uomo allo specchio

Cosa significa per lei parlare negli anni ’10 di apprendimento e formazione in Italia?
Oggi imparare è più importante che insegnare e sono sempre più le cose che si imparano senza insegnarle che le cose che si insegnano senza impararle. Dalla scuola dei professori si sta così passando alla scuola degli studenti; cose vecchie, direte voi, le abbiamo sentite dire tante volte e poi tutto è restato come prima. Cercherò di chiarire come questo restare come prima non è più possibile; è come cercare di restare fermi a bordo di un treno in corsa. È come dimenticare che il nostro pianeta gira e cambia le stagioni. Vorrei fare quindi un po’ il punto della situazione, parlando ai soci dell’AIF, di cui sono stato uno dei fondatori, trentasette anni fa e di cui oggi vedo lo sforzo che questa Associazione deve fare per essere all’altezza delle richieste, che sono enormemente aumentate
Tutte le volte che si comincia a discutere di formazione ci si trova di fronte a una contraddizione: quella tra la formazione e lo sviluppo, cioè tra il presente ed il futuro. Ci si chiede se dobbiamo inseguire un bersaglio fisso e fare i replicanti o inseguire un bersaglio mobile e fare i movimentisti. Nel primo caso abbiamo a che fare con la pratica dello scoprire e con la mentalità etica, cioè col migliorare il presente, l’esistente, servendosi del passato. Nel secondo caso abbiamo a che fare con la pratica dell’inventare e con la mentalità estetica, cioè col migliorare il futuro, l’inesistente, servendosi del progetto. Così dalla bontà si passa alla bellezza, al calòs kài agathòs dei greci. Il bello prima del buono. Una formazione futura deve saper fronteggiare l’inesistente e il mistero. Deve essere una formazione fondata anche sulla speranza e non solo sulla tradizione, sulla sopravvalutazione degli allievi e non sul loro disprezzo, sull’invenzione e non sulla scoperta.
Una formazione, uno sviluppo e una scuola possono essere più belle. Una scuola futura deve saper affrontare il mistero del conoscere senza volerlo di necessità trasformare in segreto. Ha bisogno di una sua capacità di inventare il futuro, senza essere terrorizzata dall’ù-topìa o dall’ù-cronìa, cioè dall’inesistenza nello spazio e nel tempo. La paura dell’inesistenza non ci deve impedire di esistere.
 
orientamento

La formazione deve essere capace di inseguire i bersagli mobili e di prevedere la posizione di quei bersagli nel tempo, essendo contemporaneamente formazione e sviluppo. Ma deve anche essere capace di accontentare il diritto e il dovere di soddisfare il desiderio di benessere e la speranza di bellessere. Questa è la formazione che ho in mente. Ora vi invito  a pensare a che risultati si può arrivare con un’idea del genere in mente. I soci della nostra associazione potrebbero pensare più al loro imparare che al loro insegnare.  
L’apprendimento è il fattore base per ogni sviluppo.  La storia ci mostra come lo sviluppo dell’umanità sia avvenuto tramite processi di apprendimento. Per umanità si intende la razza che si autodefinisce “umana” con tutti i suoi pregi e difetti. Per sviluppo si intende un passaggio da livelli minori a livelli maggiori di benessere soggettivo e diffuso. Per apprendimento si intende la conoscenza di qualcosa (nozione, emozione, relazione, ecc.) che prima non si conosceva. Quindi apprendere significa passare da un vuoto ad un pieno, da un’assenza a una presenza, da una condizione di ignoranza a una di conoscenza e da una conoscenza a una coscienza.
 
In questo passaggio io distinguo quattro stadi: mistero, coscienza del mistero, creazione del segreto e memorizzazione. Questi quattro stadi poi consistono essenzialmente in quattro relazioni o con sé stessi o con altri soggetti di apprendimento. Essendo inoltre l’apprendimento una caratteristica “vitale” cioè necessaria per la vita, si compone della specifica caratteristica vitale della conquista e della difesa.
È fondamentale mantenere sempre attivo il processo di apprendimento. Se si rallenta l’apprendimento, si arrestano le culture e le società spariscono. Ogni tanto si scoprono resti di città o di abitazioni sconosciute. L’apprendere dagli altri compone il meccanismo millenario di insegnamento/apprendimento, oggi sottoposto a sostanziali revisioni.  Una di queste revisioni è rappresentata dal meccanismo di auto-apprendimento, che privilegia una relazione con sé stessi e non con altri soggetti del meccanismo di apprendimento classico.
Oggi l’invenzione conta più della scoperta: si apprende da soli e non tutto quello che si apprende si insegna. E anche tutto ciò che si insegna non sempre si apprende. Quest’ultimo modo di apprendere risulta composto da uno che riceve e da uno che da’, secondo le tre modalità dei contenuti (o temi), dei processi (o modalità) e contesti (o ambiente psico-fisico-relazionale) di apprendimento. E’ sempre un processo eterocentrato.
Il meccanismo di auto-apprendimento ridefinisce invece sostanzialmente il processo di apprendimento e la sua logica sociale. Dalla coppia si passa al piccolo gruppo. Innanzi tutto con l’aula che da luogo fisico diventa luogo psichico, dove può avvenire una triplice modalità di apprendimento (etero ed auto-apprendere): stanza (nozioni-contenuti-informazioni), porta (emozioni-processi) e finestra (relazioni-contesti). L’aula fisica si trasforma in aula psichica. La società dei guerrieri si trasforma in società delle connessioni. La lotta contro … diventa lotta per … Il nemico è da sconfiggere, ma non da eliminare. Esiste un  buon nemico e anche un bel nemico. La vittoria, come nelle partite di calcio o nello sport in genere, non porta all’eliminazione del nemico.
L’essere entrati nell’era delle relazioni comporta la presenza dei cinque livelli relazionali (non solo due, come nella società dei guerrieri) prima richiamati: duale o di coppia, micro o di piccolo gruppo, macro o di grande gruppo, mega o di comunità-cittadinanza, virtuale o di rete o digitale. Come già accennato i cinque livelli sono intervallati da quattro frontiere o porte di passagio o interfacce: A: tra duale e micro, B: tra micro e macro, C: tra macro e mega, D: tra mega e virtuale. La conoscenza della dinamica dei livelli o interfacce, comunemente chiamata dinamica di gruppo, ha dato vita a una scienza delle connessioni e delle relazioni, denominata sommariamente schesologia. La schesologia vede il suo trionfo nei motori di ricerca, in google, in facebook ecc. La ricchezza e lo sviluppo si basano sempre di più sulle relazioni. Le quali possono essere continuamente scoperte o inventate.
Esiste una relazione di base, nell’apprendimento e cioè la relazione col mistero, che serve a passare dal noto all’ignoto. La relazione col mistero è diretta e la capacità basilare per apprendere è quella di fronteggiare direttamente il mistero, cioè un ambiente di cui non si sa niente e che è quindi definibile come u-topìa ed u-cronìa, cioè non luogo e non tempo. Dal mistero di cui nessuno sa nulla si passa al segreto in cui alcune persone (o una persona sola) sanno qualcosa e usano questa rarità come mezzo di dominio e di assoggettamento: sapere è potere.
Occorre entrare nel mondo dell’immateriale e fare esempi di utopìa e ucronìa. Utopìa sta nel considerare l’organizzazione come stato d’animo. Sta nel considerare la sicurezza come appartenenza, il clima come origine della struttura, ed anche l’onnipotenza come distinta in immortalità (salute), onniscienza (scuola, apprendimento) e onnipresenza (comunicazioni e trasporti). Sta nel cambiamento dell’utopìa in democrazia.
Queste declinazioni dell’onnipotenza hanno specifiche e interessanti connessioni logiche con il mondo delle funzioni pubbliche: il pubblico si declina sempre di più con l’onnipotenza e i suoi settori.
Ucronìa sta nel possibile aumento e sviluppo dell’orizzonte temporale. Sta nel considerare la bellezza come speranza di un benessere futuro (bellessere). Sta nella continua trasformazione del destino in progetto. Sta nel benessere che diventa progressivamente bellessere, soggettivo e diffuso. Sta nella progressiva riappropriazione del futuro, trasformando la vendetta in perdono, il carcere in scuola, la punizione in apprendimento. Sta nella trasformazione dell’etica in estetica, del kalos kai agazos.  Sta nella progressiva trasformazione dell’ucronìa in strategia. Sta nel cambiamento della qualità del potere (inteso come capacità di produrre o impedire un cambiamento) da somma zero a somma variabile, da ripartitivo a generativo, da competitivo a collaborativo. Sta nel passaggio dalla polemologìa o scienza della guerra all’irenologia o scienza della pace. Seguendo l’idea di pace universale di Kant come um-ding, cioè una non cosa, essendo invece la guerra una cosa.
Dall’aula fisica si passa perciò all’aula psichica, che non è più solo una stanza, ma anche una porta e una finestra. L’apprendimento al tempo di face book non è più quello dei banchi di scuola. L’ambiente fisico non è più solo fisico, ma diventa psichico per l’equazione soggettiva che permette. Gli ambienti scolastici e dell’apprendimento devono essere ridisegnati non sul  modello di coppia, ma su quello di rete.  Facebook perciò non è solo tecnologia, ma è anche clima perché il clima stesso è una tecnologia. E’ un ambiente “psichico”. Facebook insegna e accelera: powerbook ha fatto il suo tempo. Ora servono relazioni nuove per nuovi benessere. E bellessere conseguenti.
L’apprendimento è sempre stato usato come mezzo di assoggettamento. Il radar e internet sono stati inventati e tenuti segreti per scopi bellici. Ed anche il controllo sociale e il dominio di pochi sui molti è stato basato sull’apprendimento. Abbiamo molti esempi nella storia in cui i saperi  servivano all’assoggettamento delle masse. I sacerdoti egiziani astronomi, che prevedevano l’eclisse di sole, utilizzavano questa loro conoscenza per terrorizzare il nemico e dare fiducia ai propri guerrieri. Questo uso dell’apprendimento per fini bellici e di assoggettamento si è sempre accompagnato all’uso del malessere, della paura e della minaccia, sempre con finalità di assoggettamento. Possiamo affermare che assoggettamento, malessere e apprendimento sono sempre stati insieme. Questa è stata una vecchia “alleanza” usata dal dominio di tutti i tipi e di tutti i tempi. Da cui l’utopìa e l’ucronìa.
Invece oggi, molto lentamente e con enormi difficoltà, si sta instaurando una nuova “alleanza” quella tra apprendimento, benessere e liberazione. Non è più solo la verità che ci fa liberi, ma il benessere. L’uso dell’apprendimento come privilegio proprio e assoggettamento altrui, ha portato nei  millenni al rifiuto dell’apprendimento altrui. E un’Associazione come l’AIF deve tener conto delle tendenze che si incontrano/scontrano in questo campo pieno di paure e conflitti.

elica

Un’Associazione ha una sua “vis associativa” che spinge alcuni soggetti a vivere sentimenti di appartenenza, cittadinanza o di comunità. L’efficienza di un’Associazione sta nella sua capacità di inventare e sviluppare idee, cioè dispositivi mentali che combacino in tutto, o anche solo in parte, con le idee di altri soggetti, magari diversamente orientati in altri campi, ma almeno su un punto  combacianti. I dispositivi mentali sono questi modi di pensare in parallelo con l’altra faccia del collettivo, detta degli artefatti sociali, dominati dall’idea dell’oggettività, cioè della soggettività del dominio proposta e imposta come oggettiva. Mentre i dispositivi mentali derivano nettamente dalla motivazione e dalla biforcazione tra bisogni difficilmente raggiungibili e desideri raggiungibili facilmente, gli artefatti sociali si basano, più o meno chiaramente, sull’organizzazione e sulla sua doppia natura sempre al bivio tra la scoperta tra quello che già esiste e l’invenzione di quello che ancora non esiste. La doppia natura di un’organizzazione si stende sulla frontiera della soggettività. I bisogni si scoprono ed esistono “oggettivamente” perché sono dentro tutti i soggetti e quindi quasi indipendenti da loro. Invece i desideri si inventano ed esistono solo soggettivamente perché possono esserci o non esserci e addirittura coesistere nello stesso momento nello stesso soggetto (ambivalenza). 
Ogni associazione ha una frontiera che determina una “zweinatuur”, doppia natura tra etica ed estetica, passato e futuro, bontà e bellezza, bisogni e desideri, strutture e motivazioni, stabilità e mobilità, ripetizione e creatività, eccetera. In questa zona di frontiera nasce il potere nelle associazioni che Karl Weick ha chiamato “a legame debole” (1976), che Lyman Porter ha chiamato a somma zero o a somma variabile (1975) e che io ho chiamato “sentimento del potere” (1977) cioè della possibilità e capacità di provocare od impedire un cambiamento, poi chiamato empowerment.
Un’associazione od organizzazione a legame debole è però di solito instabile e quindi ha diverse forme di potere e di realizzazione di cambiamenti, spesso incongruenti tra di loro.  La nostra AIF non sfugge alla regola. Tanto maggiore è il numero dei soci, tanto maggiore può essere l’instabilità. Molte associazioni tendono in questo senso a essere selettive, cioè a diminuire il numero di soci per avere maggiore stabilità. Io credo che AIF si è mossa in questa direzione, inseguendo e costruendo utilmente una stabilità, che però ha ridotto il numero dei soci. Altre associazioni tentano invece di realizzare un cambiamento, aumentando il numero dei soci e rischiando la propria missione e i propri obbiettivi. D’altronde le organizzazioni a legame forte, come le imprese, usano ancora il metodo classico “ad albero” per diminuire il numero dei punti di decisione, o di soci del collettivo e per poter così gestire con maggiore stabilità la pluralità chiamata azienda.
Si può dire che ogni associazione ha la possibilità di crearsi un rapporto tra numero di soci e cambiamenti che sia specifico e idoneo per il raggiungimento dei suoi obiettivi.  Ogni associazione ha un suo specifico rapporto tra mistero (che nessuno conosce) e segreto (che solo pochissimi sanno). Ogni associazione ha uno specifico rapporto tra cose segrete e cose palesi.  Ogni associazione tratta a modo suo il suo rapporto col mistero e il modo con cui effettua l’”iniziazione” dei pochissimi al segreto.  Ci sono persone che conoscono un segreto perché fronteggiando il mistero, hanno inventato loro il segreto. Oppure ci sono persone che hanno ricevuto (ereditato) il segreto da altri che lo avevano inventato prima di loro. Siamo comunque nel mondo soggettivo dove mistero e segreto sono soprattutto delle percezioni. Ma da queste percezioni derivano poi le strutture e le azioni.
Come fa il mistero su cui spesso un’associazione nasce, a essere trasformato in segreto e poi trasmesso, almeno intenzionalmente, a tutti? Specie quando un’associazione cambia e necessita di un aumento del numero di soci e quindi di maggiore instabilità? Ricordo qui una celebre frase di Kurt Lewin, quando scrisse “Se vuoi conoscere un’organizzazione, prova a cambiarla!” Ed impattiamo  così da un punto di vista mobile il mistero. L’inseguimento di un bersaglio mobile si chiama tracking, ma è difficile usarlo se si ha di fronte un mistero. E se non siamo abituati a fronteggiarlo.
A questo punto del discorso vorrei ricordare come sia importante risolvere alcuni problemi: 1. decidere il punto in cui è utile perforare il mistero e rischiare l’ignoto, 2. decidere il rapporto quantitativo e qualitativo tra chi conosce il segreto e chi resta nel mistero, e infine 3. decidere il rapporto tra chi conosce il segreto ed il resto del mondo fuori dall’associazione, cioè del come esportare in altri ambienti questo bisogno/desiderio di fronteggiare il mistero, tutte le volte che vogliamo imparare qualcosa.
Lei ha accennato alla contraddizione tra formazione e sviluppo: può chiarire il suo pensiero?
Tutte le volte che si comincia a discutere di formazione ci si trova di fronte ad una contraddizione: quella tra la formazione e lo sviluppo, cioè tra il presente ed il futuro. Ci si chiede se dobbiamo inseguire un bersaglio fisso, e fare i replicanti, o inseguire solo i bersagli mobili, e fare i movimentisti. Nel primo caso abbiamo a che fare con la pratica dello scoprire e con la mentalità etica, cioè col migliorare il presente, l’esistente servendosi del passato. Nel secondo caso abbiamo a che fare con la pratica dell’inventare e con la mentalità estetica, cioè col migliorare il futuro, l’inesistente servendosi del progetto. Così dalla bontà si passa alla bellezza, al kalòs kài agathòs dei greci. Una formazione futura deve saper fronteggiare l’inesistente ed il mistero. Deve essere una formazione fondata sulla speranza e non sulla tradizione, sulla sopravvalutazione degli allievi e non sul disprezzo, sull’invenzione e non sulla scoperta. E per questo, qui ed ora vi invito ad inventare una nuova AIF.
Come già detto prima, la formazione deve essere capace di inseguire bersagli mobili,  di fare tracking, di prevedere la posizione di quei bersagli nel tempo ed essere capace di accontentare il diritto e il dovere di soddisfare il desiderio di benessere e la speranza di bellessere.
Per inseguire bersagli mobili occorre uscire dalla simmetria tra insegnare e imparare, occorre decriminalizzare l’apprendimento, uscendo dall’idea che non si è pagati per pensare. Occorre superare il pregiudizio per cui a studiare troppo ci si “guasta” la testa. Occorre ricordare l’invenzione di concetti come i dispositivi mentali, cioè i modi di pensare “soggettivi” e come gli artefatti sociali, o modi di convivenza e di organizzazione, spesso considerati “oggettivi”. Per usare concetti un poco più attuali, occorre rinforzare il legame di fiducia nello staff e nell’associazione. E’ il legame di fiducia che consente di inventare una diversa modalità di rappresentazione dei fatti e della loro utilità o dannosità sociale. Contro o con… il dominio che tende ad assoggettare, l’antidoto è la parità. E questa parità deriva all’appartenenza, dalla distinzione tra differenza e disuguaglianza. La differenza (qualitativa) aumenta la parità e permette uno sviluppo, rinforzando la resistenza al dominio. Invece la disuguaglianza (quantitativa) aumenta il dominio e rallenta lo sviluppo, indebolendo la resistenza al dominio che tende ad assoggettare e a combattere l’apprendimento. Occorre che noi studiamo assieme questa dinamica. Rinforzando il legame interno tra i soci e incrementando il sentimento di appartenenza e di “cittadinanza associativa”. Ciò permetterà di accettare le molte differenze e trasformarle da vincolo in risorse. E permetterà una maggiore uguaglianza sociale.

Già qualche anno fa lei ha teorizzato i dieci principi formativi per una società abbondante e immateriale: ci può raccontare quali sono?
Io sono italiano e In Italia quando uno esprime i propri desideri tende a scrivere un decalogo, cioè un elenco di  “comandamenti”. Del genere comando, cioè non negoziabile. Se andiamo a cercare su Google la parola decalogo, troviamo circa 2.100.000 voci, segno che nella lingua italiana l’idea del decalogo ricorre con una certa frequenza.
Nel 2005 ho proposto 2005 il seguente decalogo:
1° imparare è un piacere, non è un dovere: nella società abbondante finisce l’apprendimento obbligatorio; infatti il collegamento tra apprendimento e sofferenza serve al dominio vigente per impedire l’apprendimento del benessere che è quello che ci fa liberi;
2° nella società abbondante ogni formazione o apprendimento è sempre e comunque una formazione o apprendimento di benessere (soggettivo e diffuso) ed è anche una speranza di benessere futuro, definibile come bellessere;
3° la formazione e l’apprendimento sono rivolti più al soggetto che all’individuo: il soggetto è il titolare di un progetto di benessere ed è come uno si vede, mentre l’individuo è come lo vedono gli altri; nella maggioranza dei casi un soggetto è mosso da una speranza di benessere (proprio e altrui), mentre in alcuni (non rari!) casi l’individuo è mosso da una voglia di malessere (proprio e altrui);
4° non vi è contrasto tra soggetto individuale e soggetto sociale: l’individuo scopre la società altrui già esistente, il soggetto invece inventa la società propria prima inesistente; esistono contemporaneamente una soggettività individuale e una soggettività sociale;
5° il valore base di una società abbondante è la soggettività (emergente): il valore base della soggettività è il benessere; il valore base del benessere è la soggettività e così di seguito; si tratta di fattori collegati e omologhi, forse sinonimi;
6° il motore del benessere è stato nei secoli etico ed estetico: l’etica si riferisce al passato, l’estetica al futuro; l’etica ha come sentimento base l’esperienza ed il bisogno di non ripetere gli errori commessi; l’estetica  ha invece la speranza ed il desiderio di stare meglio; l’etica controlla le proprie finalità con le norme e le paure-minacce, l’estetica coi progetti e le speranze-promesse; non vi è bellezza senza futuro e norma senza passato;
7° imparare è più importante che insegnare: le due azioni non sono speculari o reciproche; la scuola di una società abbondante e futura deve privilegiare l’imparare rispetto all’insegnare, gli studenti rispetto agli insegnanti, ma ci sono molte cose che si imparano senza insegnarle e molte altre che si insegnano senza impararle;
8° la didattica più congruente in una società abbondante è quella della pluralità, cioè del piccolo gruppo: il futuro consente il gruppo come il gruppo consente il futuro; questo vuol dire che non c’è futuro senza gruppo, né gruppo senza futuro; la bellezza è una speranza di benessere; tre concetti sembrano quindi collegati tra loro: futuro, gruppo e bellezza;
9° la formazione nella società abbondante dovrebbe essere plurale: cioè seguire il modello delle cinque culture, dette anche i cinque livelli di funzionamento sociale (coppia o duale, piccolo gruppo o micro, grande gruppo o macro, gruppo di comunità o mega e gruppo virtuale o rete); questi cinque livelli culturali sono intercalati dalle quattro interfacce o cambi culturali coppia-gruppo, gruppo-organizzazione, organizzazione-comunità, comunità-rete;
10° la speranza di benessere è già benessere: il passaggio dalla bontà alla bellezza, dalla buona alla bella formazione, dalla buona alla bella scuola, dal buono al bel lavoro si può ottenere con l’attenzione al futuro, al plurale, al soggetto, al piccolo gruppo e al terzo fattore estetico che permette il passaggio dal due al tre, dalla bontà alla bellezza, dalla coppia al gruppo, dal benessere al bellessere.
Aprire un discorso sulla formazione/sviluppo oggi significa disporre di un modello (cioè di un insieme coerente di ipotesi) sempre più complesso e non semplicemente riducibile al modello classico da due <docente – allievo/utente>. Inoltre stiamo passando dalla società dei controlli a quella delle relazioni, dalla società delle guerre a quella delle connessioni. Il modello che viene qui proposto è composto da quattro parti e comprende cioè: A. la legittimazione,  B. la generazione del valore e dei valori ed i contesti,  C. la strategia ed i processi,  D.  la didattica e i contenuti.
A. la legittimazione, progettare, inventare, superando il destino:
1. legittimazione sul mercato, auto-legittimazione.  Massima indipendenza dal dominio: parità, uguaglianza, diversità;
2. indipendenza mentale = soggetto e soggettività emergenti e prevalenti;
3. progettazione prevalente e non esecuzione, si è pagati per pensare, non solo per eseguire;
4. il clima ha pari importanza della struttura, fine della distinzione tra strutturale e sovrastrutturale, e tra etica ed estetica che sono solo due dimensioni temporali: passata/futura;
5. uscita dalla teologia economica, entrata in zona a costo zero con le risorse disponibili, non cercando solo le risorse scarse, ma anche quelle abbondanti;
6. sganciamento dalla simmetria tra insegnamento e apprendimento, dalla specularità tra docente e allievo, cambio del modello da due a tre: docente/allievo/utente. Quest’ultimo aumenta di importanza. L’utente non sempre è l’allievo.
B. la generazione del valore (quantità) e dei valori (qualità etica), negoziare col contesto:
1. usare valori plurali, non monoteistici, uscita dalla coazione all’unità;
2. usare collegamenti inconsueti, diminuire la ridondanza e aumentare l’entropia dei concetti, usare il pensiero duale: tesi/antitesi, estetica/etica, soggetto/oggetto, gruppo/individuo, abbondanza/scarsità, bellezza/bontà, futuro/passato, progetto/destino, sviluppo/formazione;
3. uso di maggiore rischio mentale, ridefinizione continua degli obbiettivi, innovazione come creazione di valore, gestione del mistero/segreto e della complessità.
C. la strategia ed i processi:
1. la definizione di benessere come possibilità e capacità di esprimere ed esprimersi, l’uso dei moltiplicatori e degli scarsificatori di benessere;
2. la distinzione tra moltiplicatori (es. moneta/denaro, progetti e motivazioni, futuro, bellezza, innovazione, rivoluzione, dimensione psichica) e scarsificatori, (ideologie,  norme e  strutture, passato, bontà, conservazione, tradizione, dimensione economica);
3. l’uso di nuovi moltiplicatori psichici e  non economici, le strutture non compensano le motivazioni, come le motivazioni non compensano le strutture;
4. ridurre l’incapacità di utilizzare i finanziamenti e la risorsa economica, il finanziamento  statale od europeo, il reddito di cittadinanza non utilizzato, l’uso dei meccanismi senza motivazione o capacità; considerare il privilegio di qualcuno come origine della corruzione;
5. acquisire capacità di gestire i conflitti, possibilità e capacità di farlo, per esprimere, cioè  per creare benessere e non per reprimere, cioè per  creare malessere, seguire il  bisogno di  pacificazione, la pace come “ding”, entità;
6. inventare ed usare misure  e indici di sviluppo (formazione), dis-uguaglianza, dis-versità, parità, interstizio;
7. studiare il secondo ciclo di vita, distinzione tra delfini (fino ai 50 anni) e cammelli (dopo i 50  anni), creazione di un doppio ciclo lavorativo e quindi formativo, utilizzo delle  risorse   abbondanti e psichiche oggi sprecate, evitare l’ucronia e la rottamazione;
8. formazione-sviluppo nei punti di massimo scontro interpersonale e sociale: a) la parità di età, di gender, di cultura, di condizione economica, ecc., cioè tra dominio e desiderio, b)  la ridistribuzione continua della ricchezza, il fisco, l’assistenza sanitaria, l’alimentazione, ecc., cioè tra ricchezza e miseria, c) la rappresentanza dei bisogni e dei desideri, tra la casualità del sorteggio e  la elezione manipolata, tra democrazia ed oligarchia, tra rappresentanza e rappresentatività, d) la criminalità organizzata, la nascita dalla privatizzazione del pubblico, la tendenza all’eliminazione del privato, ad una diversa declinazione dell’onnipotenza.
D. la didattica e i contenuti:
1. prestare particolare attenzione a nuovi temi di apprendimento ed alle resistenze poste dal dominio nei loro confronti:   negoziazione (tavoli), misura (test), clima (organizzazione), compatibilità (segnaletica), cittadinanza (reddito di..), persona (espressione, drammatizzazione), giustizia (vendetta e perdono), ecc.,
2. prevedere con anticipo le esigenze formative future, quindi estetiche, rappresentanza e rappresentatività, inseguimento anche qui di bersagli mobili (tracking o streaming)
Come si muoverà verso i soci ?
Occorre esaminare i movimenti dei soci negli  ultimi anni AIF. Se ne deducono chiaramente una necessità di una nuova attività attrattiva per l’Associazione, e di una fidelizzazione che riduca elevato turnover. Questo può essere esplorato anche attraverso indagini mirate (ad esempio exit interview). Come provocare un cambiamento che rovesci tale tendenza?
Occorre cambiare l’organizzazione che è da allentare nelle norme e nelle procedure e da rinforzare nelle motivazioni e nel sentimento di appartenenza e contatto con la società. Occorre un’organizzazione leggera e minimalista che è una associazione basata sul volontariato e quindi ad elevata dimensione psicologica. Poniamoci qui la domanda: cosa è una rete organizzativa? E’ un tentativo di creare un clima di piccoli gruppi autonomi lungo tre dimensioni: gerarchica, tecnica e socioemotiva. Propongo di  creare otto gruppi in rete tra di loro, con un gruppo zero che quasi coincide con i Consiglieri Nazionali, più alcuni Presidenti regionali, ridotti di  numero in modo da avere un massimo gestibile ed economicamente sostenibile di una quindicina di persone. I dettagli di questa organizzazione leggera sono presentati nella parte “visionaria” di questa relazione. In caso di votazione del CD, voteranno ovviamente tutti coloro che hanno diritto di farlo.
Ogni piccolo gruppo avrà tre leader. Uno gerarchico o linking pin (puntina da disegno) come legame con un gruppo zero da cui derivano task force di una diecina di persone ciascuna con la presenza di una triplice leadership. Per la leadership gerarchica la proposta verrà dalla Presidenza, per quella tecnica dovrebbe nascere dal gruppo stesso, e per la dimensione socioemotiva proporrei di delegarla alla componente femminile. Informatizziamo i soci, facciamo una scuola interna per il nostro staff e/o per i  nostri soci, non ci sostituiamo all’Università e alle Facoltà di Scienze della formazione, non siamo un sindacato che difende diritti acquisiti, ma puntiamo sull’autostima dei nostri soci che vogliamo contribuire a rinforzare. E stimoliamo i processi di autoapprendimento. La nostra sede non è né Bologna, o un’altra città o località. La nostra sede è una rete. La missione deve essere dappertutto, anche se non possiamo fare tutto. E poi noi non siamo aziendalisti, ma formatori, sviluppatori. Quindi possiamo essere docenti, allievi o utenti di quello che l’AIF fa dentro e fuori dal  mondo del lavoro. Non abbiamo centri o periferie, ma una rete diffusa che difende fortemente il suo diritto/dovere di apprendere.
 
Desidero essere chiaro: io tenderò a fare poco, ma vorrei che i soci presenti e futuri ci scelgano per il poco che facciamo, curando la qualità più che la quantità. Un nostro slogan sarà “Impariamo insieme”.  Suggerisco come componente della missione: inventare il futuro, evitare l’overloading, scegliendo alcune priorità: massimo deve essere l’interesse per i soci che non devono fuggire via ogni anno rinnovando solo in parte. Non facciamo il passo più lungo della gamba, chiarendo continuamente la nostra missione, tentando di contribuire allo sviluppo dell’apprendimento in Italia, oggi fortemente  minacciato dal tentativo di assoggettamento sistematico, nella scuola, nel lavoro e nelle comunicazioni di massa. I pochi che assoggettano i molti e la loro soggettività devono essere combattuti nel loro tentativo di assoggettare l’apprendimento in Italia. Occorre prevenire l’attenuarsi della resistenza interna degli italiani verso l’assoggettamento e favorire la loro richiesta di cittadinanza e di benessere. Anche l’AIF nel suo piccolo cabotaggio vuole dare un contributo allo sviluppo italiano. Ricordiamoci che siamo un’associazione e che quindi dobbiamo inventare continuamente modi su come essere utili ai soci. Noi non formiamo formatori, ma sensibilizziamo soci. Che poi per conto loro decideranno il da fare. Magari come formatori.
Da cosa partirà dunque Presidente?
Vorrei sensibilizzare in partenza tre componenti: quella femminile, quella lombarda e quella laziale. La prima come maggioritaria e come capace di cambiare il clima esistente nella nostra AIF. Poi creando gruppi autonomi invitati ad interagire tra di loro: una rete di sette gruppi, più un gruppo zero di coordinamento, più dei gruppi complementari che dovrebbero cominciare subito a funzionare. All’inizio propongo di uscire dalla frammentazione eccessiva e di creare uno spirito di solidarietà per negoziare le diverse esigenze, partendo non solo dall’esistente, ma anche da questa mia proposta così come viene qui esposta. Ciò che è fondamentale oggi in Italia è l’amministrazione delle risorse economiche scarse che devono partire da uno zero based budgetting e non essere usate a pioggia. In ogni caso occorre ricordare che in caso di scarsità economica, l’abbondanza deve essere trovata altrove (es. risorse finanziarie scarse = risorse motivazionali abbondanti). Abbiamo molti problemi in sospeso e per i quali non basta dire che ne abbiamo già parlato.  Ad esempio il problema del nome: formatori o formazione? Non è da sottovalutare, perché è fondativo del clima. Limitarsi ai formatori porta gli altri a considerarci come un club chiuso, come dimostra il calo dei rinnovi. Se ci occupiamo di tutta la formazione, simbolicamente, ci apriamo. Difficile, ma possibile.
Occorre trasformare l’AIF in un  movimento “politico” attivo sul fronte caldo dell’apprendimento in Italia: costituire un ufficio stampa per i problemi dell’apprendimento in Italia e un sito coerente con un’Associazione che vuole essere punto di riferimento per i prossimi soci.
 
È molto importante creare una scuola di pensiero interna che stimoli lo sviluppo del dilemma formatori/formazione. Non una formazione dei formatori, ma la diffusione di una cultura dell’apprendimento che rinforzi la resistenza interna contro l’indebolimento delle strutture di apprendimento (scuole, convegni, associazioni, università, viaggi, ricerche …). L’apprendimento è la funzione specifica e trasversale di ogni tipo di sviluppo.
Occorre poi rivisitare tutta l’area dei convegni, che vanno trasformati in congressi, che noi organizzeremo per dare un contributo alla soluzione dei problemi dell’apprendimento in Italia e all’estero. La triade dei congressi, che propongo qui per il mio prossimo triennio va espresso con uno slogan, come “impariamo insieme”, seguendo lo sforzo di  resistere all’assoggettamento col malessere e l’ignoranza, il rifiuto della trasparenza e il privilegio legalizzato nelle scuole e nelle imprese, private e statali.
La dimensione internazionale va pensata come una delle tante dimensioni di diversità. Nella parte visionaria verranno spiegate le implicazioni di questa concezione che tende a  minimizzare la dimensione internazionale e sostituirla con quella relazionale di diverso tipo. Non è utile aderire ad associazioni di dubbia rappresentatività. Invece contattando direttamente le associazioni locali più sinergiche ai nostri  problemi italiani si potranno ottenere dei risultati migliori.
 
Fondamentali sono i convegni annuali che dovrebbero assorbire tutti i convegni che l’AIF ha fatto e continua a fare per uno sparuto gruppetto di aficionados altrimenti definibili come piccoli salotti di signori che si trovano a giocare a carte od a prendere un thè o una birra. Cose piacevoli, ma insufficienti. Occorre fare “congressi”!
Occorre ricostruire l’ascolto della conflittualità tra nuovi bisogni e desideri e lottare per il rispettivo rispetto degli stessi e per rifiutare un assoggettamento che privilegia i pochissimi a danno dei moltissimi e della loro ostacolata, ma persistente voglia di imparare.

Ci può spiegare meglio cosa intende per un’associazione fondata sull’apprendimento con una struttura a rete?
Come conseguenza di questa idea di un’associazione che invita all’apprendimento i propri soci, propongo di creare un’organizzazione minimalistica, che curi molto la soggettività dei soci e prima ancora dello staff, cioè di tutti coloro che hanno a che fare col segreto che gestiscono e col mistero di cui esplorano la  natura e le potenzialità. So bene, dicendo queste cose l’utilità e la speranza che abbiamo accumulato nei periodi strutturati di vita della nostra AIF. È proprio quest’accumulo che oggi ci permette di tentare un salto di qualità dalla struttura al clima. È proprio quest’accumulo che ci spinge a passare dalla prudenza al rischio e dalla struttura ad albero alla struttura di rete.
Operativamente posso sintetizzare l’idea che ho in mente in alcuni punti: soggettività/solitudine, apprendimento/sviluppo, lavoro/ricchezza, attività/benessere mistero/segreto, futuro/bellezza, rete/gruppo, cittadinanza/sudditanza, doppio ciclo di vita, benessere e bellessere, e in definitiva tutta la declinazione della politica italiana nel campo formativo.  La struttura a rete  metterebbe a fuoco: i soci e la vis associativa, il proselitismo,  i vantaggi dell’associazione per i propri soci, dello staff e della loro conseguente formazione.
Uno schema minimalistico che permetta la prevalenza della dimensione motivazionale, ma mantenga un minimo di struttura. Se è vero infatti che le strutture e le norme non possono vicariare la motivazione, è altrettanto vero che senza un minimo di struttura la motivazione non sa dove incanalarsi.
Ricordo che la struttura a rete ha, rispetto alla più comune struttura ad albero, i seguenti vantaggi:
a) è organizzata a gruppi, cioè a piccoli gruppi (6/12 persone), con facile trasformazione in task force, cioè in piccolo gruppo a tre leader (gerarchico, tecno-funzionale, socio-emotivo);
b) ha come priorità assoluta il benessere dei soci: non è un’azienda e quindi non ha problemi di profitto, solo di benessere o bellessere dei soci, che vanno messi al primo posto dell’attenzione di tutto lo staff, che deve effettuare di continuo proselitismo, deve promuovere iniziative per facilitare l’adesione all’AIF, deve monitorare il clima esistente nell’associazione ed effettuare quelle ricerche che permettano di migliorare e rendere più gradite le condizioni di appartenenza che già sono presenti e migliorabili;
c) consente un programma di formazione interno e riservato ai soli soci AIF, con inizio presso lo staff e poi estendibile a qualunque socio vi voglia partecipare (è un gruppo di gruppi: G.+G.);
d) permette un adeguamento reciproco tra persone attive dello staff ed i piccoli gruppi creati e gestiti nell’associazione, con maggiore velocità e motivazione di tutti, autonomia=velocità, specie per le varie strutture informali che si creano durante gli anni e che permettono di concentrarsi sugli obbiettivi dichiarati dalla missione associativa.
I gruppi che potrebbero caratterizzare questa struttura a rete sarebbero i seguenti: un gruppo zero, sinonimo di esecutivo o gruppo di gestione che comprenda sia la rappresentanza formale eletta che quella informale nominata. Il gruppo zero comprenderà così circa quindici persone, tra cui il presidente uscente, e quello entrante, oltre al vice presidente vicario. Vi sarebbero poi sei piccoli gruppi interni e un piccolo gruppo esterno. I contenuti e i componenti di questi sette piccoli gruppi interni dovranno essere definiti nelle sedi e nei momenti più adeguati al raggiungimento della missione. I sei piccoli gruppi sono: 1° Comunicazione, 2° Ricerche, studi e sviluppo, 3° Scuola e Università 4° Gestione dell’esistente, pubblico e privato, 5° Soci, marketing, formazione interna, 6° Attività di frontiera. Il 7° settore si rivolgerà all’esterno, sia come punti di riferimento regionale che internazionale. Tutta l’attività dell’Associazione dovrebbe essere convogliata nei sette settori sopra indicati (cfr. visione).
La parte amministrativa dovrebbe essere seguita direttamente, con un zero based budgeting dalla presidenza nazionale. Anche tutte le manifestazioni di carattere nazionale (Congressi Convegni Riunioni di scala nazionale o internazionale) dovrebbero essere seguite direttamente dalla presidenza nazionale. Tutti i sette gruppi sarebbero autonomi e creerebbero un clima. Per curare specificamente il clima occorre prevedere una riunione formativa ogni anno con tutto lo staff, magari in concomitanza dei convegni nazionali, allo scopo di rinsaldare l’adesione dell’attività (visione) dell’associazione alla missione della stessa. Se si ravvisasse la possibilità di estendere questa occasione formativa a tutti i soci occorrerebbe creare una struttura ad hoc, sempre in contatto diretto con la presidenza nazionale. Anche questi aspetti organizzativi andrebbero visti con modalità e partecipazione da decidere e chiarire in modo adeguato. Occorre garantire autonomia alle singole regioni e inventare nuove forme di funzionamento dei sette gruppi della rete che  propongo nella visione dell’AIF come io la prevedo.
Cosa intende per “scuola interna AIF” ?
La scuola interna dell’AIF propone di imparare insieme per superare la crisi degli apprendimenti. Esiste oggi un tentativo, oramai palese, di negare alle persone la possibilità di esprimere la propria persona.
L’incapacità di espressione così come l’impossibilità di guardare al futuro diminuisce la resistenza interna alla crisi. Più ci si deprime più si liquefa ogni forma di apprendimento. L’attacco all’apprendimento non è solo un problema di stanziamento di fondi ma anche di gestione del potere e di giustificazione di livelli di diseguaglianza economica e sociale che riportano il mondo in un nuovo processo di assoggettamento mediatico e informatico.
La formazione rappresenta l’antidoto alla sopraffazione dei disvalori finanziari sui valori della produzione e della distribuzione, è l’ultima trincea per la resistenza interna al tentativo di eliminazione dell’apprendimento. L’ultima frontiera per stimolare le persone a pensare e, attraverso l’apprendimento, a trovare benessere e libertà intesi come presa di coscienza della propria persona e del proprio divenire.
Ora dobbiamo studiare i meccanismi di accelerazione che contrastino gli attacchi all’apprendimento. Sperimentare un antidoto a questa malattia attraverso l’attuazione di meccanismo acceleratore di apprendimento, in grado di ricostruire e consolidare la relazione tra persona, comunità e territorio. E di sviluppare sentimenti di parità.
Lo schema concettuale è quello dell’acceleratore di particelle, dove al posto della sorgente, della traiettoria della particella accelerata, del campo magnetico uniforme e del campo elettrico ci sono i percorsi della scuola interna, il consiglio direttivo nazionale, i consigli direttivi regionali e la base associativa.
In tal modo la Scuola Interna intende sostituire, in maniera distintiva, il percorso di formazione formatori attraverso lo sviluppo di conoscenze e competenze dei propri Associati finalizzato a:
 il rafforzamento delle relazioni tra gli stakeholder della filiera formativa;
 la progettazione di azioni formative connesse ai reali bisogni sociali, culturali ed economici del territorio;
 la creazione di comunità locali con una forte identità professionale;
 lo sviluppo di nuove prospettive di apprendimento, necessarie a supportare i processi di cambiamento cui tutti noi siamo sottoposti;
 la sperimentazione, attraverso una gamma differenziata di eventi, di strumenti e metodologie che diano senso a una formazione intesa come elemento necessario per lo sviluppo del proprio progetto individuale, sociale ed economico;
 il recupero del senso dell’apprendimento, individuale e collettivo;
 la costruzione del profilo professionale del formatore;
 il coinvolgimento delle organizzazioni pubbliche e private relativamente alle modalità di acquisto e fruizione della formazione.
La scuola interna intende ridisegnare la formazione formatori abbandonando la logica dei livelli di competenza per intraprendere quella della modularità e della personalizzazione.
Lo slogan sarà: “impariamo assieme”” su cinque livelli:
 
 1. Staff (CD Nazionale e Presidenze Regionali);
 2. Staff allargato CD Regionali e Revisori, Garanti, Testimoni, Segreteria Generale
 3. Soci;
 4. Associazioni “dirimpettaie”
 5. Società in cui viviamo.
Non esiste quindi il programma di formazione dell’esperto nella gestione dei processi di apprendimento degli adulti, ma esistono molteplici sentieri da percorrere per appropriarsi dei metodi e delle tecniche, per vedere, comprendere e analizzare processi organizzativi (strategie, strutture, tecnologie, sistemi di pianificazione e controllo), collegare i processi sociali (esigenze delle comunità, vincoli culturali, sistemi professionali …). La diminuzione di apprendimento è da considerare trasversale ad ogni processo di sviluppo.
A tal fine si ritiene opportuno avviare una serie di percorsi tematici attraverso i quali il socio AIF (formatore) potrà curare i molteplici aspetti che riguardano sia la sua professione sia i bisogni della moltitudine di soggetti coinvolti nel processo formativo:

Possiamo così progettare:
 Percorsi della bellezza;
 Percorsi della critica;
 Percorsi della cura e del benessere;
 Percorsi degli strumenti e dei metodi;
 Percorsi delle frontiere;
 Percorsi delle resistenze;
 Percorsi dei progetti.
Le attività presentate si articolano su un’ampia gamma di eventi che vanno dagli incontri serali di poche ore, a consistenti seminari di una o più giornate di lavoro.
Il senso delle attività è quanto meno duplice:
 da una parte, contribuire all’aggiornamento e allo sviluppo professionale degli associati;
 dall’altra, creare un network, una comunità di appartenenza, uno spazio fisico e di rete nel quale sia possibile avvicinare i differenti mondi che caratterizzano il ciclo di vita della formazione.
 in seguito il sopraggiungere di temi nuovi (addestramento, orientamento, moneta collaterale, perdono, ecc.) renderà necessario la creazione di sempre nuovi percorsi tematici.
Per rafforzare l’efficacia delle iniziative da proporre sarà necessario attivare un partenariato vasto e articolato, in grado di generare occasioni di apprendimento sul campo e motivazione professionale.

L’AIF si occuperà anche di ricerca?
Tenteremo di aprire un laboratorio di ricerca permanente sulla figura del formatore e sui suoi bisogni. Il gruppo di lavoro nazionale proporrà convegni/casi studio, premiazione di eccellenze, identificazione di competenze distintive in grado di rispondere quanto più possibile alle esigenze intercettate. Ciò dovrebbe avvenire in un clima di crescente accettazione verso i risultati della ricerca ed i suoi metodi.
Per far questo il gruppo di lavoro deve sviluppare alcuni percorsi di ricerca definiti come:
 interlocuzione “on line”: attraverso mini indagini (max due/tre domande) spedite con periodicità mensile/bimestrale si faranno partecipare i soci, i vecchi soci e i soci potenziali ad esprimere il proprio parere determinate tematiche connesse agli apprendimenti;
 invito alla “proposta”: spazio web destinato a raccogliere informazioni sui bisogni degli associati in termini di servizi;
 storia dell’AIF: realizzare un volume di ricostruzione della storia associativa attraverso le figure dei presidenti, i convegni, le testimonianze, le iniziative …;
 profilo del CD Nazionale e dei CD Regionali: redazione della scheda curriculare dei Consiglieri con definizione del profilo professionale e dei contributi associativi;
 disponibilità a contribuire: presentazione di attività, articoli, riflessioni … per una gestione efficace delle pagine web nazionali e regionali del sito AIF;
 investimenti in formazione: osservatorio sulle opportunità di finanziamento privato e pubblico della formazione al fine di facilitare la ricerca delle opportunità da parte dei soci;
 costruire l’avvenire: cogliere le esigenze di platee di nuovi soci, monitorare i segnali deboli del cambiamento, ricercare opportunità dal nuovo che emerge;
 nuove forme di interazione: sveltire il sito web con un utilizzo più spinto delle tecnologie informative (Streamer, Face book, Twitter, Skype …);
 periferie, frontiere e nuovi territori: formazione rivolta a segmenti diversi dalla formazione professionale, nuove strategie didattiche della scuola e certificazione delle competenze per stage e laboratori, crediti formativi, formazione obbligatoria …);
 reti professionali: facilitare l’incontro e lo scambio di esperienze tra associati; utilizzare le opportunità in ambito Europeo per progettare percorsi di rafforzamento delle competenze professionali dei nostri associati e opportunità di scambio e arricchimento di esperienze con paesi partner.
Lei ha accennato a tre Congressi Nazionali, nel suo mandato: di cosa si tratta?
Se la missione è una dichiarazione di intenti l’AIF sceglie come missione lo sviluppo del benessere tramite l’apprendimento. Cioè tramite l’aumento delle possibilità e delle capacità di esprimersi dei soggetti nel lavoro, nella scuola, nella comunità e nella rappresentanza, tramite la creazione degli “Stati generali dell’apprendimento in Italia” per raccogliere e motivare tutte le forze interessate a resistere contro l’assoggettamento tramite l’ignoranza oggi in  atto in Italia e nel mondo. Per questa intenzione “politica” che dovrà produrre delle prese di posizione sulla situazione del momento, propongo di chiamare i nostri raduni nazionali con il termine Congresso e non Convegno.
Un discorso particolare va perciò effettuato sui prossimi tre congressi nazionali, il primo sarà a Merano nei giorni 24-25-26 settembre 2012. Io propongo di dedicare questa triade di congressi ai problemi del lavoro e del benessere. Occorre stringere al massimo il legame tra i temi dei congressi nazionali con la missione AIF e con la situazione della formazione e della scuola in Italia. Ho proposto che il congresso di Merano sia dedicato alla “creazione del benessere”, il secondo (da svolgere in un località del centro-sud Italia) sia dedicato al tema del “Dominio, differenza e parità” e il terzo, con analogia con quello di Merano lo proporrei a Trapani o Mazzara sul tema “La bellezza salverà il mondo”). I titoli dei tre Congressi potrebbero essere: QUI ED ORA NEL 2012, ORRIZZONTI NEL 2013 e LA BELLEZZA NEL 2014.
Il tipo di Congresso non dovrebbe essere quello tradizionale, oramai poco efficiente, di una successione di relazioni che pochi ascoltano, ma dovrebbe essere basato sui tipi nuovi di discussione con due giorni di convegno, drammatizzazioni, giochi, e una spina dorsale minima basata su alcune relazioni base e su corrispondenti discussioni delle stesse.  Ogni congresso dovrebbe avere una relazione iniziale istituzionale fatta dallo staff dell’associazione sulla situazione presente, una relazione di un personaggio che ci tratti “scientificamente” un tema vicino a quello del Congresso, una relazione su nazioni e culture vicine al tema del congresso, meglio se con un relatore di quella nazione e una relazione finale, che denominerei “di speranza” con proposte per il futuro, cioè “speranza-progetto-proposta,” politicamente sostenibili.
Es. a Merano la Svizzera, che è lì al confine, nel centro (Marche o Campania) l’Olanda e al sud Trapani-Mazzara il Brasile. La discussione, da animare in modo gradevole e divertente, dovrebbe occupare la maggioranza del tempo di questi congressi nazionali che dovrebbero avere la durata di due giorni al massimo ciascuno, con avvenimenti che facilitino lo scambio, premi, visite, ecc. e relazioni ben preparate e non improvvisate. Ma questo andrà studiato seguendo tre temi: (Qui & Ora: Merano, 2012, Orizzonti: Marche,2013, La bellezza: Sicilia, 2014)

Ci parli ancora della sua visione dell’AIF
 
La visione deve essere intesa come l’orgoglio di far parte di un’organizzazione e come motivazione a realizzarne gli scopi comuni (Wikipedia). La visione è definibile come strategia di realizzazione dei punti base dell’AIF: benessere dei soci, della società dove i soci operano, la diffusione delle idee dell’AIF e del suo staff nella società e nella cultura circostante. Per staff si intende il Comitato Direttivo e tutte le strutture informali,  nominate seguendo Statuto e Regolamento dell’Associazione.
La  visione proposta per AIF nel 2012/2014  si basa su tre idee:
1a. piccoli gruppi a leadership plurima & differenziata tra tre persone: leader  
      gerarchico, tecnico, socioemotivo; in altri termini piccoli gruppi denominati task-
      forces;
2a. zero based budgeting, connesso ad uno zero based planning e continuamente
      variabile con un controllo di gestione; in altri termini budget totalmente inventato
      ex novo;
3a. modello a rete, o a network come struttura organizzativa di piccoli gruppi a
      leadership differenziata (gerarchica, tecnica, socioemotiva) in relazione
      autonoma tra di loro; in altri termini dinamica di gruppo a tre livelli di rete (coppia,
      piccolo gruppo o grande gruppo).

Roma non fu costruita in un solo giorno, diceva una vecchia massima latina. Occorre tempo per realizzare le cose. Il progetto: missione/visione richiede almeno tre anni per realizzarsi. Occorre che creiamo un clima divertente, una cultura basata sulla facilità i decidere e di inventare, una serie di diritture di arrivo, cioè di piccoli successi che preparino successi maggiori.
Il momento è difficile, ma stimolante.
L’operazione di riciclo dell’esistente per tutto quello che già c’è va fatto. Nulla dovrà essere perso, ma occorre che non ci “cannibalizziamo” uno con l’altro, un’attività con l’altra. Il nostro termometro devono essere i soci. Spero si possa costituire un piccolo campione di soci individuali da interpellare via internet regolarmente per prendere l’abitudine di avere il polso della situazione.
Se ce la faremo a procedere in questa direzione, potremo vedere se quell’idea di proporre l’AIF come punto di riferimento e d’iniziativa per una convocazione degli “stati generali” dell’apprendimento in Italia potrà diventare realizzabile.
La cosa più bella che possiamo sperare è che impariamo ad ascoltare e che possiamo fare da feed-back a tutto quanto avviene oggi in Italia ed all’estero attorno a noi nel campo dell’apprendimento e delle sue vicissitudini, oggi sempre più trasparenti, difficili, ma raggiungibili. Si tratta di sapere usare le nostre capacità di invenzione e di rischio di nuove idee. Si tratta di saper scegliere gli amici e i nemici giusti, meglio se più amici che nemici. E per incamminarmi su questa strada, vi presento qui tre considerazioni che spero possano facilitare il mio bisogno di esprimermi.  La prima considerazione consiste nel chiedermi a chi io sto ora parlando. La seconda considerazione riguarda la fondazione dell’AIF e il suo primo convegno nel 1975 e la terza, poi, mi permette di esprimere quanto io sia contento di fare per tre anni il presidente nazionale di AIF.
Per la prima considerazione, vi confesso che ho la sensazione di rivolgermi a qualcuno, di sentire il suo ascolto. Noi tutti che insegniamo, impariamo e comunichiamo, sappiamo bene cosa sia questo sentire l’ascolto. E’ la sensazione che attorno non ci sia l’indifferenza, l’inesistenza nostra e altrui, ma un legame, un contatto che mi fa adesso sperare che ad ascoltare queste mie fiduciose parole non ci siano solo i soci AIF, ma che, oltre a quelli di adesso, ci siano i soci che verranno, quelli che si aggiungeranno ai tanti che hanno voglia di accogliere l’invito dell’AIF a tutti quelli che hanno desiderio di imparare e di imparare assieme un miglior modo di vivere, una bellezza in più, una riappropriazione di spazi e di tempi che spesso abbiamo considerato irrimediabilmente perduti. Oggi in Italia la situazione è difficile, ma l’occasione è affascinante: quella di dare un piccolo contributo a uscire dall’empasse e di riprendere il cammino. Il mio è un invito a imparare assieme un miglior modo di vivere, nella scuola, nel lavoro, nella famiglia, nella società. Persino nelle centinaia di reti in cui noi passiamo il nostro tempo che anche lì meriterebbe di essere migliore. Parlando e scrivendo sento l’ascolto della gente che aspetta da noi l’invito a imparare assieme, perché in questo insieme sta la possibile politica AIF. Forse mi sbaglio, ma vedo oggi una lunga via percorribile per l’AIF, adesso con me, ma anche dopo senza di me.
Per la seconda considerazione vorrei ricordare una data, il 24 ottobre 1975, quando si tenne a Varese il 1° Convegno dell’AIF al Palace Hotel, con il primo presidente provvisorio Dante Bellamio, che così si espresse quel giorno: ”l’Associazione Italiana Formatori intende restare un’Associazione di persone… Fatta questa premessa, che vuol essere insieme di ringraziamento e di chiarimento, vediamo quali furono i punti… su quello che l’Associazione si propone di non essere: non un’associazione corporativa, non un’espressione di politiche formative ed uniche, non un’associazione per tutti quelli che operano in una qualsivoglia istituzione formativa, non una riunione di tecnologi dell’educazione aziendale non di addetti ai lavori che non sanno di che lavoro si tratta…Ma un’associazione che rifiuta il diffuso dilettantismo per ricercare invece i contributi reali e concreti della nostra professionalità… Si comincia così a passare da quello che non volevamo essere a ciò che invece intendiamo che l’Associazione sia”. Ricordando queste parole risulta abbastanza evidente quanto sia importante la fedeltà ai principi che ispirarono i fondatori dell’AIF, oggi che sembra che tutto sia diverso, mutevole ed imprevedibile.
Per la terza considerazione dichiaro apertamente e gioiosamente che è dalla fondazione dell’AIF nel 1975 che io ho sperato di poterne diventare un giorno o l’altro presidente. Finalmente mi è toccato e ringrazio tutti coloro che hanno contribuito a darmi questo piacere.
In questo triennio spero di trasmettere questa mia gioia di potermi entusiasticamente interessare a un’AIF che ricevo in un momento molto delicato, ma che spero di contribuire a migliorare nella qualità e nella rilevanza nella situazione italiana. Molte delle cose che vi propongo potranno sembrare un’utopia. In realtà sono soltanto progetti. Ciò succede tutte le volte che allunghiamo il nostro orizzonte temporale.
Ed io vorrei citare qui le parole di un grande economista, Federico Caffè, misteriosamente scomparso a Roma nel 1987 che così parlava dell’utopia: “per uno scienziato ciò che gli altri definiscono utopia è solo l’anticipazione di esiti che debbono superare le resistenze del presente. Nel pensiero economico, il liberismo era teoricamente perfezionato già agli inizi dell’ottocento, ma bisogna arrivare al 1850 per cominciare ad avere una politica economica liberista”. Per passare dall’economia alla medicina (ricordo che l’era antibiotica che rivoluzionò la medicina moderna poteva già cominciare nel 1929, quando Jan Fleming scoperse la penicillina), si dovette aspettare la fine della guerra e cioè il 1945 per poterla utilizzare. Sino a quell’anno l’idea di antibiotico era puramente utopistica, come poi furono utopistici i computer, i telefonini e i voli aerei. Con questo spirito rinnovo la mia gioia di avere un’occasione di esplorazione dell’utopia con l’AIF come obiettivo e strumento.  Prometto di fare di tutto per divertirci insieme, nel trasformare scientificamente le nostre piccole utopie in progetti. Prometto di tentare insieme di trasformare l’AIF in un movimento politico per l’apprendimento, ricordando il vecchio detto che dice che “il domani premia i curiosi”. E’ questo l’invito che faccio per l’AIF, e dall’AIF: impariamo insieme a vivere di più e meglio.

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